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GLI SMARTPHONE FANNO MALE?

Come i grandi CEO della tecnologia la usano nelle proprie case e perchè gli smartphone possono essere dannosi.

Siamo nel 2010. Nick Bilton, giornalista del NYTimes, intervista il grande guru di Apple, Steve Jobs. L’intervista verte sull’ultimo gioiello dell’azienda di Cupertino, L’Ipad, e dopo varie domande sul prodotto Bilton ne pone a Jobs una un po’ più personale:

“Allora, i tuoi figli devono amare l’iPad?” chiede.

Ma la risposta di Jobs lascia spiazzato il giornalista. “Non l’hanno usato. Limitiamo la quantità di tecnologia che i nostri bambini usano a casa”.

Nick Bilton resta basito della risposta e all’inizio se la spiega pensando a Jobs come a un personaggio eccentrico.

Ma negli anni Bilton ha potuto constatare che in realtà il guru di Apple è in buona compagnia. 

Per esempio Evan Williams, il fondatore di twitter, e sua moglie Sara, hanno dichiarato di non riempire la loro casa di Ipad ma bensì di montagne di libri, di modo che i loro figli se li possano sfogliare in ogni momento.

Chris Anderson, ceo di 3d robotics ed ex redattore di Wired, dichiara di porre limiti e controllo genitoriale sui dispositivi nella sua casa. Per questo i suoi figli (ne ha 5 e vanno dai 6 ai 17 anni) gli danno del fascista tecnologico e lamentano il fatto he tutti i loro amici non hanno questo tipo di limitazione. Ma Andersons, che la tecnologia la produce, nei panni del genitore glissa: “Questo perché ho visto i pericoli di tecnologia in prima persona. L’ho visto in me stesso, non voglio vederlo accadere ai miei figli “.

 

Lo smartphone fa davvero male? Parliamo di Igen

Per dare una risposta mi devo rifare all’ottimo libro di Jean Twenge, dal titolo “Iperconnessi”, edito da in Italia da Einaudi. L’autrice analizza la generazione Igen, ovvero i nati tra il 1995 e il 2012.

Il libro focalizza l’attenzione sui giovani dai 15 ai 19 anni, riportando studi che mettono in luce una correlazione tra uso degli smartphone e possibili disturbi come:

 

  • Sintomi depressivi
  • Ansia
  • Diminuzione delle ore di sonno
  • Aumento FOMO (timore di rimanere disconnessi)
  • Aumento numero suicidi
  • Aumento richieste aiuto psicologico

Tali disturbi si sono infatti acutizzati a partire dal 2011, anno di diffusione capillare degli smartphone.

A questo punto vi devo però dire la verità: leggendo svariati libri di pedagogia e psicologia sull’argomento, non ho trovato soluzioni concrete di prevenzione ai possibili danni da smartphone. Anche il succitato libro di Twenge, per quanto pregevole nell’analisi del fenomeno, l’ho trovato assai debole nella proprosta di soluzioni.

 

Ma allora cosa possiamo fare?

Possiamo tornare all’inizio del nostro discorso per prendere spunto dagli intenti pedagogici di quelle persone che si trovano ad essere tra i più grandi esperti di tecnologia mondiali e allo stesso tempo genitori. Come Jobs, Williams e Anderson.

E come loro pensare e studiare regole per gestire l’uso della tecnologia.

Io ne suggerisco cinque:

1) Niente smartphone a letto per il sonno notturno. Eh ma io ho la sveglia… ti compri una radiosveglia.

2) Niente smartphone a tavola. È importante dare rilievo ai pasti come momenti conviviali, in cui si conversa e non ci si chiude nella luce del display.

3) Niente smartphone a scuola, anche se questo è da calibrare con le politiche che ogni singola scuola ha a riguardo.

4) Regolare il tempo schermo, ossia il tempo di utilizzo dello smartphone, durante i weekend e nel tempo libero.

5) Usare la tecnologia, sembra un paradosso ma non lo è: per esempio ci sono molte applicazioni, anche gratuite, che permettono di regolare l’attività dello smartphone e avvisano quando è usato in modo eccessivo.

È importante stabilire regole e confini sia per il presente ma anche per il futuro: giovani adolescenti che avranno interiorizzato il bisogno di regole per affrontare la gestione di nuove tecnologie, saranno adulti capaci di affrontare le sfide delle tecnologie che verranno.

Chi sono

Mattia Marchetti psicologia e storytelling

Questo blog è un luogo dove puoi trovare contenuti sulla psicologia e lo storytelling, oltre ad articoli e interviste che raccontano Ferrara